guardia medica

Con la sentenza della Cass. n. 23406/2022 si era affrontato la questione del medico che commette reato di rifiuto di atti di ufficio ex art. 328, comma 1, c.p. lì dove si rifiuta di visitare un paziente in ospedale. Con la Cass. n. 44057/2022 si affronta invece il reato di omissione di atti d’ufficio della guardia medica sempre previsto dall’art. 328, comma 2, c.p.

1. Il caso

La guardia medica si rifiutava di recarsi presso il domicilio di una paziente in età avanzata, impossibilitata a muoversi e con gravi difficoltà respiratorie, indicate dal figlio nella chiamata al 118, a seguito di frattura costale.

Per tale motivo il medico veniva condannato per il reato di cui all’art. 328 c.p.

Avverso la sentenza di condanna, il medico, presentava ricorso adducendo che la normativa regolamentare e i contratti collettivi non prevedono l’obbligo di visita domiciliare, rimanendo scelta discrezionale a seguito di valutazione del medico sul caso concreto (in tal caso non riteneva esserci alcuna urgenza e/o rischio per la signora). Inoltre sottolineava il fatto che, a seguito del suo diniego, si recava sul posto altro collega che confermava il codice bianco (assenza di rischi gravi per la salute), già assegnato dal centralinista del 118 (assegnazione che viene fatta, però, a tutte le richieste in entrata e che devono essere oggetto di valutazione medica) e quindi l’assenza di urgenza nell’intervento. Inoltre il medico contestava l’addebito per l’assenza del dolo richiesto dal reato di omissione di atti d’ufficio.

2. La Cassazione 

La Cassazione riteneva totalmente infondato il ricorso del medico e i motivi e precisava come l’addetto di servizio di guardia medica:

– sulla base dell’accordo collettivo nazionale “è tenuta ad effettuare al più presto tutti gli interventi che siano chiesti direttamente dall’utente … entro la fine del turno al quale è preposto”;

– sulla base del manuale per il medico di continuità assistenziale approvato dal comitato permanente aziendale dell’ASL territoriale del medico in questione, lo stesso, deve valutare sotto la propria responsabilità l’opportunità di fornire un consiglio telefonico, recarsi presso il domicilio, invitare l’assistito a recarsi presso l’ambulatorio.

Nel caso di specie, l’ultima di queste possibilità (recarsi presso l’ambulatorio) era impossibile e gravosa per la signora data l’età e le condizioni respiratorie. Inoltre dalla sentenza della Corte d’Appello, si desumeva che non era stato effettuato nemmeno un consulto telefonico da parte del medico e non erano state fatte domande volte ad inquadrare la reale situazione clinica della anziana signora. Quindi, seppur vera la possibilità del medico di valutare discrezionalmente una visita a domicilio, sulla base della propria esperienza, questa non può prescindere da una conoscenza del quadro clinico della paziente derivante da richieste del medico all’assistito di indicazioni specifiche sulla patologia denunciata. Quindi l’unica opzione possibile era la visita a domicilio, non effettuata dal medico che inoltre non aveva dato prova di alcun impedimento alla stessa.

Per quanto attiene al codice bianco, la Corte sottolinea come lo stesso era stato riportato dal medico intervenuto a seguito del diniego del condannato, in quanto dopo visita e diagnosi per bronchite aveva prescritto una adeguata terapia.  Ma la neutralizzazione da parte del secondo medico della condotta omissiva del primo medico, non ha alcuna valenza in quanto il reato di cui all’art. 328 c.p. è reato di pericolo, in cui l’offesa consiste nella messa in pericolo del bene giuridico (la salute dell’assistito) e dunque la tutela penale risulta anticipata. Pericolo, quindi, esistente nel momento in cui il medico ha omesso di effettuare consulto telefonico e/o visita.

Anche l’insussistenza del dolo viene ritenuta infondata in quanto le condizioni, l’età della signora e le indicazioni del figlio al momento della telefonata facevano chiaramente ritenere che l’atto a cui il medico era chiamato non era differibile in alcun modo, né tanto meno annullato dall’intervento del secondo medico. La Cassazione quindi confermava la condanna dell’imputato e rigettava il ricorso.

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